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Auschwitz-Birkenau, gennaio 2019

IL CESTINO DI PAGLIA CON I FIORI ROSSI E BLU

Si possono uccidere milleduecento persone in trenta minuti.

Tutte insieme.

Basta mezz’ora per cancellare dal mondo milleduecento vite che avevano appena finito di scrivere, con un gessetto, nome e cognome sulla valigia, per ritrovare quest’ultima facilmente una volta terminata la doccia. 

Si poteva fare, e si faceva, tutti i giorni. Lì, in quelle camere a gas accanto ai forni crematori che, oggi, si mostrano come un ammasso di rovine. Un ammasso di rovine che nemmeno la neve riesce a cancellare.

Nella montagna di oggetti personali che ho visto in una delle baracche, c’era un cestino di paglia da pic-nic, decorato con due fiori colorati rossi e blu. Era lì, immobile nell’infinita pila di borse scolorite.

Sono rimasta a lungo ferma a guardarlo. Pensavo a chi lo aveva portato con sé in quell’inferno indicibile senza poter sapere, senza poter immaginare nulla di ciò che sarebbe stato.

Ad Auschwitz c’è la neve, e c’è il silenzio, tutto è fermo, tutto è bianco e freddo.

Come nei miei pensieri, mentre ero lì, mentre scrivo qui, ora, quello che non so come dire.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: i binari all'interno del campo di sterminio di Birkenau
I binari di Birkenau, 4 gennaio 2019

AUSCHWITZ-BIRKENAU. UN BREVE REPORTAGE

Queste sono le parole che ho messo nero su bianco per la fotografia che ho postato su Instagram la tarda sera del 4 gennaio, dopo essere stata, per la prima volta, a visitare il Museo e Memoriale di Auschwitz-Birkenau.

Ricordo di averle scritte di getto, dopo aver esitato qualche minuto davanti allo schermo occupato dall’immagine che vi ho mostro qui sopra, scattata in quel pomeriggio nevoso. Cosa potevo dire, come potevo raccontare un qualcosa di così impensabile?

Tutti i pensieri, le emozioni, le sensazioni erano come congelate da quella stessa neve che riempiva l’atmosfera dei due ex lager, che cancellava parzialmente i binari della morte e sembrava voler ovattare qualsiasi rumore, qualsiasi voce persa nel gelido vento.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: il percorso tra il filo spinato ad Auschwitz I
Tra il filo spinato

Sì, ad Auschwitz ci sono le voci. Ce ne sono oltre un milione, ma si nascondono dietro un muro impenetrabile di silenzio, che il nostro udito umano difficilmente può cogliere.  Si celano anche negli infiniti, infinitesimi granelli di cenere che ricoprono l’ampia distesa di campagna polacca intorno a questo Buco Nero della storia.

Granelli di cenere che, fino a neanche ottant’anni fa, erano corpi umani, pieni di vita, di sogni, di speranze, di ricordi, di paura.

Corpi di padri, di madri, di nonne e nonni, di bambine e bambini, di neonati.

Molti di loro venivano da lontano, tanti avevano indosso i loro migliori abiti al momento dell’entrata nei vagoni dell’orrore, quelli che, in assenza di finestrini, di ossigeno, di luce, di acqua e di servizi igienici, li avrebbero condotti al centro del Male.

“Preparatevi! Portate con voi tutte le cose più care: state traslocando, state per iniziare una nuova vita in un posto migliore!”, gli veniva detto.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: bagagli dei detenuti, ammassati ad auschwitz
I bagagli dei detenuti, oggi parte della collezione del Museo

Special Tip – Se avete in progetto di visitare il Museo e Memoriale Auschwitz-Birkenau, vi consiglio di prenotare su questo sito la vostra esperienza. Incluse nel prezzo il viaggio in autobus, una guida certificata che parla in italiano, il biglietto di ingresso per entrambi i campi e uno sconto sul totale.

ALLA RADICE PIÙ PROFONDA DEL MALE

In una delle baracche del complesso di Auschwitz, appesa al muro, c’è una grande mappa dell’Europa, che mostra le reti di collegamento ferroviario da e per questo campo di concentramento, il più grande e tristemente famoso del nostro continente.

Oświęcim è il nome polacco della località che ha ospitato i lager di Auschwitz-Birkenau, e si trova nel centro esatto dell’Europa: il suo cuore.

In quella raffigurazione, tale nucleo, dipinto proprio di rosso, viene trafitto da una moltitudine di frecce: le tratte percorse dai convogli in arrivo dalle più diverse e disparate città.

Londra, Oslo, Lisbona, Parigi, Budapest, Praga, Roma, Berlino, Odessa, Tessalonico, Atene…

Nord, sud, est, ovest: tantissime linee nere e diritte partono dai punti più remoti e distanti dell’Europa e, con precisione ed efficienza maniacale, convergono in quel cerchio rosso, enorme, sanguinante.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: zoom sul filo spinato di auschwitz
Auschwitz-Birkenau: alla radice più prodonda del Male

LA LOGICA DELL’ORRORE

Tutto veniva organizzato fino all’ultimo dettaglio, ogni cosa veniva eseguita con rigore, precisione, pulizia, logica.

Già, logica.

Mentre la guida alle mie spalle raccontava, io, fissando quella maledetta mappa, pensavo a quanto ragionamento logico è stato applicato ad un’idea che non poteva essere neanche lontanamente riconducibile ad un pensiero razionale, pensabile.

Era logico cercare di tranquillizzare il più possibile le masse di persone che scendevano dai treni dopo l’allucinante viaggio: gli si prometteva un pasto caldo, dell’acqua, una casa, un lavoro onesto.

Ma prima, la doccia! Quale migliore benvenuto, quale migliore cortesia dopo giorni di viaggio?

auschwitz-birkenau 27 gennaio: fotografia segnante e in bianco e nero del momento della scelta tra vita e morte
Una tra le fotografie più segnanti del Museo: il momento esatto in cui il medico nazista decreta il destino dei deportati. La persona sotto esame, in questo momento, è un anziano, l’ufficiale indica con il pollice la destra: la via della camera a gas

Prima anziani e bambini: loro hanno la precedenza, loro vanno a destra. Loro ricevono un pezzo di sapone e un asciugamano, loro non devono presagire niente di quello che accadrà.

Logico, no?

auschwitz-birkenau 27 gennaio: particolare della fotografia in bianco e nero del momento dello smistamento
L’ombra della crudeltà, l’ombra della morte

Le “docce” dovevano essere lontane dalle baracche dei detenuti, ed il più possibile insonorizzate. Come coprire le urla angoscianti e tremende di centinaia di persone nude ammassate in uno spazio troppo piccolo? Si costruiscano dei bunker sotterranei.

Logico, e lineare.

I membri delle SS, tuttavia, non potevano di certo entrare in contatto con l’Orrore che loro stessi generavano, sporcarsi le mani e farsi contaminare dal loro stesso Male: logicamente, il recupero dei corpi e la loro introduzione nei forni crematori non spettava a loro, bensì ad alcuni prigionieri scelti proprio per questo “lavoro”.

Detenuti che, neanche a dirlo, bisognava eliminare dopo il servizio, poichè ciò che succedeva lì non poteva essere raccontato, non doveva uscire dal perimetro del filo spinato.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: sassolini impregnati di cianuro
Sassolini che venivano utilizzati nelle camere a gas per uccidere. Chiusi in botti ermetiche contenenti cianuro, venivano riversati all’interno delle camere a gas mediante alcuni buchi sul soffitto, prontamente richiusi subito dopo. All’interno del bunker, complice il calore e l’aria pesante generata dai tanti corpi, i sassi rilasciavano pian piano il veleno nell’aria. Una morte orribile, per soffocamento, molto lenta e agonizzante

UN MACIGNO INAMOVIBILE

Mentre ero lì, ad Auschwitz-Birkenau, ho provato un senso di colpa disarmante.

Lo sentivo gravarmi sulle spalle, come un macigno ancestrale e plumbeo, l’ho sentito nella bassa schiena, che ha iniziato a farmi molto male.

Mi sentivo in colpa perchè avevo freddo. Quel giorno nevicava, la temperatura era di 3-4 gradi sotto lo zero, io indossavo due paia di calzini di lana, scarponcini pesanti, maglietta termica, maglione, giacca a vento imbottita, sciarpa, cuffia, guanti.

E, nonostante tutto, tremavo come una foglia, le mie dita erano diventate rosse e gonfie, e io mi sentivo in colpa.

Pensavo: se ho freddo io, semplice visitatrice fra tanti del terzo millennio, ben coperta, in salute e attrezzata contro le morse dell’inverno polacco… Cosa devono aver provato i detenuti nei loro giorni, mesi, anni di lager? Rasati, vestiti solo con una misera tuta a righe, scarpe bucate e, se andava bene, un mantello? Privati del cibo, dell’acqua, del sonno, delle medicine, della possibilità di lavarsi e di cambiarsi?

Ho cercato la risposta nei mille volti appesi sui muri delle baracche e nei corridoi. Fotografie recanti nome e cognome, paese di provenienza, data di nascita, data di morte.

Occhi dalle molteplici sfumature ed espressioni mi fissavano enigmatici, colmi di un qualcosa di molto difficile da stabilire: rassegnazione, speranza, terrore, orrore. Rabbia? No, quella non l’ho vista. Forse, dopo giorni, mesi e, in qualche caso, anni, di quell’esistenza basata sull’annullamento della Vita, si smette di provare qualunque sentimento forte e impellente che non sia la Paura.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: fotografia in bianco e nero in una baracca
Fotografia all’interno di una baracca ad Auschwitz I

Rimane la tristezza, rimane un dolore sordo e muto, senza possibilità di essere gridato, di essere espresso. Un’orrore con cui fare i conti ogni istante, ogni notte trascorsa a patire il freddo, la fame e la malattia in un cantuccio di legno duro o, addirittura, di terreno umido e fangoso.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: posti letto all'interno delle baracche a Birkenau
Letti a Birkenau. Chi prendeva posto in basso era direttamente a contatto con la terra

SE QUESTO È UN UOMO

La bravissima guida che mi ha accompagnato nella visita ha raccontato, tra le altre cose, quali erano i due “mestieri” migliori (solo a scrivere queste parole mi sento male) per poter sopravvivere meglio alla non-vita di Auschwitz-Birkenau.

Il primo: saper suonare uno strumento ed essere scelto come musicista, per allietare i pranzi e le cene degli ufficiali nel campo. Se non lo sapevate, in quell’Orrore, i nazisti avevano pure il coraggio di organizzare feste, sì. I prigionieri reclutati a questo ruolo avevano, per lo meno, il diritto di potersi lavare alla meno peggio, e di trascorrere parte delle lunghe giornate all’interno delle baracche.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: vista da una finestra di una baracca
Vista da una delle finestre di Auschwitz I

Il secondo: essere addetto allo svuotamento delle latrine presso Birkenau. Quando ho saputo questo, sono rimasta senza parole: ho immaginato il fetore nauseabondo, l’orrore di dover trascorrere la giornata ad armeggiare là dentro, in mezzo agli escrementi umani. Se nel complesso di Auschwitz I esistevano i WC e c’era, a tratti, l’acqua corrente, a Birkenau no. I bagni consistevano in una lunga tavola di legno provvista di buchi, i quali davano direttamente sul terreno. Non c’era l’acqua.

Ancora una volta, mi sono sentita in colpa per i miei pensieri. Lavorare lì dentro, in quegli anni di tormento, significava trascorrere la giornata tra quattro mura, in un luogo abbastanza riparato dal freddo, in inverno, e dal sole cocente, in estate. Significava non dover sollevare carichi pesanti e, cosa più importante, non avere intorno le guardie (che avevano cura di mantenersi a distanza di sicurezza dalle latrine). Oltre ad avere la possibilità di usufruire del WC al bisogno.

RICORDARE PER NON RIPETERE: IL 27 GENNAIO È TUTTI I GIORNI

Grido di disperazione ed ammonimento all’umanità

sia per sempre questo luogo

dove i nazisti uccisero

circa un milione e mezzo di

uomini, donne e bambini,

principalmente ebrei,

da vari paesi d’Europa.

Auschwitz – Birkenau

[1940-1945]

Questa frase è incisa nel monumento di Birkenau.

Conosciuto anche come Auschwitz II, Birkenau è stato il campo di sterminio più esteso dell’intero universo concentrazionario nazista ed è uno spazio immenso, vastissimo.

Bisogna camminare parecchio prima di arrivare al monumento, ubicato nei pressi del binario morto. Ci sono diverse lapidi in marmo, ognuna recante la scritta che vi ho riportato nelle lingue proprie degli uomini che qui sono morti o sono stati prigionieri.

Un ammonimento all’umanità gridato all’unisono, tanti idiomi in una sola, potente, voce: quella delle anime che, come dice la celebre canzone di Francesco Guccini, passando per il camino ora sono nel vento.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: strada che porta all'ingresso del campo di concentramento
Verso l’entrata di Auschwitz

È possibile non cogliere quest’avvertenza? Si può, forse, non essere profondamente toccati, scossi, dalla violenza, dall’orrore che l’essere umano è stato capace di concepire e di realizzare?

Purtroppo sì, a quanto pare si può. Il Male che qui si è espresso in tutta la sua massima potenza, che ha fatto marcire la terra, gli alberi, l’aria, gli animali, la Vita stessa, spesso non viene compreso del tutto, non arriva a scuotere la coscienza e a smuovere il pensiero, la compassione, la necessità di non far succedere mai più tutto questo.

E non è scomparso, questo Male. È ancora qui, in mezzo a noi. Serpeggia nascosto nel buio dell’ottusità, strisciando nel sottosuolo dell’ignoranza, lasciando dietro di sè la sua scia di melma e putrefazione.

Si mostra nelle parole di chi mette al centro il proprio ego piuttosto che l’altruismo. Nelle azioni di chi, voltando le spalle, lascia persone innocenti in balia delle onde del mare, quando basterebbe un braccio teso. In chi preferisce arroccarsi nel proprio piccolo, comodo mondo, a sparare sentenze senza usare il cuore.

Fa capolino nell’indifferenza di chi non legge e prende per verità assolute le parole di chi fa dell’odio, dell’omofobia, dell’ignoranza, le basi per ottenere consenso e per costruire muri e barriere, laddove prima c’era la libertà.

Monopolizza, in sordina, le menti e il cuore di coloro che, ad Auschwitz-Birkenau ed in qualunque altro memoriale della Shoah, pensano alla posa migliore per la foto davanti al binario, si scattano selfie sorridenti davanti ai forni crematori, si lamentano della lentezza della guida, della fame, delle distanze da percorrere.

Il Male c’è ancora, è tra noi, e sembra acquisire sempre più forza, man mano che il ricordo di quegli anni macabri si allontana.

Per questo è importante non dimenticare, è importante ricordare. Il 27 gennaio è, e deve essere, tutti i giorni. In tutti i momenti, in tutti i luoghi, sempre.

Solo noi possiamo fermarlo. Ma, forse, non abbiamo ancora abbastanza coraggio.

auschwitz-birkenau 27 gennaio: ingresso ufficiale di auschwitz I con la tristemente famosa scritta sul cancello

Vi lascio qui sotto alcuni spunti e informazioni per organizzare la vostra visita ad Auschwitz-Birkenau.


un liquidambar dai colori stupefacenti per celebrare un anno di blog

Valentina, l’autrice di Kilig Travel Blog

Scrivo, fotografo, mangio e racconto storie sul mondo e sulle cose belle. Amo l’autunno, i libri, i piccoli borghi, i tramonti sul mare, la mia gatta Trippy, i tortellini in brodo (sono bolognese, come potrebbe essere altrimenti?), la montagna, il caffè.


16 commenti

Elena · 8 Febbraio 2019 alle 11:43

Mamma mia.. Posso commentare solo così? Mamma mia…

    Valentina · 11 Febbraio 2019 alle 14:33

    Non ci possono essere parole giuste per definire tutto questo…

Dany M · 4 Febbraio 2019 alle 18:15

Ho visitato Dachau e mi è “bastato”.. tutti dovrebbero andarci 1 volta nella vita per capire che atrocità sono state commesse…

Speranza · 4 Febbraio 2019 alle 6:15

Complimenti per l’articolo. Me lo salvo per fare un lavoro con la mia classe il prossimo anno.

    Valentina · 4 Febbraio 2019 alle 11:29

    Grazie mille Speranza! Ne sono davvero lusingata 🙂 Se ti servissero maggiori informazioni o altri racconti, sarò felice di aiutarti!

Valeria · 3 Febbraio 2019 alle 11:23

E’vero, l’anima viene presa da una morsa di gelo di fronte a queste atrocitá inimmaginabili, le parole non bastano, forse neanche I pensieri. Grazie per avere con tanta delicatezza e profondità risvegliato un momento di commozione e riflessione nelle nostre vite poco attente.

una siciliana in cucina · 30 Gennaio 2019 alle 18:28

commentare questo post per me è difficile perché credo non ci siano parole per poter raccontare questa atrocità che l’uomo ha fatto…tu sei stata molto brava a raccontare le tue sensazioni trasmettendole al lettore…Grazie di cuore

Ilaria · 30 Gennaio 2019 alle 9:13

Davanti ad un simile orrore mi trovo in difficoltà anche a scrivere un commento. Non ci sono parole per quello che il genere umano è stato capace di fare. Mi ha colpito tanto il tuo pensiero sul freddo (uno tra tanti). Spesso mi capita di fare questa riflessione, e subito capisco quanto sono e siamo fortunati noi, vissuti nel periodo di pace più lungo del mondo. A questo punto l’unico modo per evitare che accadano di nuovo questi eventi distruttivi è tenere ben stretta la nostra anima, opporsi alle ingiustizie, schierarsi a favore degli oppressi. Solo così il mondo sarà salvo da tutto questo dolore. Grazie per il tuo articolo ❤️

    Valentina · 30 Gennaio 2019 alle 10:38

    Grazie mille a te Ilaria, per averlo letto e per le tue parole! <3 Adoro la frase che hai scritto, "tenere ben stretta la nostra anima"... Riassume alla perfezione il problema più grande che sta affliggendo il mondo oggi, e non c'è consiglio migliore che possiamo seguire!

Claudia · 29 Gennaio 2019 alle 23:20

Che dire? Mi hai fatto rabbrividire e portare alle lacrime con le tue parole. Non sono ancora stata ad Auschwitz, ma sono stata a Terezin, e ho trovato straziante camminare in quel campo e pensare a tutto l’orrore che è avvenuto lì dentro. Straziante ma assolutamente necessario per non dimenticare.

    Valentina · 30 Gennaio 2019 alle 10:40

    Grazie mille Claudia per il tuo commento <3 In ogni luogo in cui è stato perpetrato ed esercitato l'Orrore non si può essere tranquilli. Straziante è la parola giusta per descrivere tutte le sensazioni che ho provato anche io ad Auschwitz. Ma, come dici tu, dobbiamo farlo: è importantissimo, per non dimenticare mai!

Lucy the Wombat · 29 Gennaio 2019 alle 17:49

Hai scritto un post spettacolare. Non so commentare queste cose, leggendo queste testimonianze di solito penso che se per caso mi fosse capitato di essere rinchiusa lì e sopravvivere, una volta fuori mi sarei probabilmente ammazzata. Non so se andrò mai in visita in quei luoghi… Ho sempre voluto, poi a Parigi ho visto anch’io cosa può fare il Male e ho il sospetto che possa bastarmi, per ora. Grazie per aver parlato di questo, se un giorno dimenticheremo sarà la fine.

    Valentina · 30 Gennaio 2019 alle 10:51

    Grazie mille Lucy, davvero! <3 <3 Non sai quanto mi fa piacere il tuo commento, ero molto titubante sulla pubblicazione o meno di questo articolo! Per l'argomento trattato e per le mie riflessioni, che non mi sembravano molto all'altezza della situazione. Ma poi ho pensato: come si può trovare le parole, il modo giusto per parlare dell'Orrore e del Male? Non ce n'è uno giusto, tutti vanno bene e possono contribuire, nel loro piccolo, a strapparne via un pezzettino di questo Male, a combatterlo.

      Lucy the Wombat · 30 Gennaio 2019 alle 14:14

      Hai fatto benissimo a pubblicare. Anche solo a pensare di farlo. <3 <3

Alessandra · 29 Gennaio 2019 alle 17:18

Non potevi parlare di questo argomento in una maniera migliore di questa, delicata e potente al tempo stesso! Mi hai commossa nonostante anch’io da poco abbia visitato questi luoghi. Personalmente mi ha fatto molta impressione Birkenau, ancora di più di Auschwitz… Quel silenzio, quegli spazi mi hanno fatto ancora di più pensare a quegli orrori. E sapere che quelle stradine fangose hanno accolto le ceneri di tanti innocenti mi ha fatto rabbrividire.

    Valentina · 30 Gennaio 2019 alle 10:54

    Grazie mille davvero Alessandra! Un complimento bellissimo quello che mi hai detto <3 Sai che anche a me ha impressionato moltissimo Birkenau? Come dici tu, quegli spazi ampi e aperti, quel silenzio e quell'atmosfera desolata... Tra l'altro, quel giorno nevicava, era tutto bianco e grigio ed era freddissimo. Mi ha fatto davvero molto male vedere anche le baracche con i posti letto, piene di spifferi gelidi e senza tavole di legno per chi dormiva in basso..

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